La vicenda storica

_MG_4977_96dpi26 settembre 1944: Villa Masnada
Scheda riassuntiva a cura di Andrea Pioselli (docente e ricercatore storico)

Premessa la difficoltà di ricostruire l’azione di Villa Masnada poiché essa, conclusasi tragicamente, ha dato luogo a numerose polemiche, gli eventi accertati sono i seguenti.

Nel periodo in questione, Villa Masnada era alloggiamento di un reparto di SS o genieri tedeschi. Le informazioni raccolte dai partigiani indicavano che ogni mattina i tedeschi si allontanavano dalla villa per recarsi a sorvegliare la produzione delle officine Caproni di Ponte San Pietro. La villa rimaneva incustodita se non per il personale di servizio e una guardia costituita da pochi soldati. Inoltre, sempre secondo le informazioni raccolte, all’interno erano depositati indumenti, armi automatiche, munizioni, un camion e un piccolo cannone.
Contando sull’appoggio di un complice all’interno, la “Valbrembo” decide di entrare nella villa dopo la partenza quotidiana dei tedeschi, neutralizzare le guardie e asportare il materiale bellico.
Già nella fase di progettazione dell’azione sorgono contrasti ai vertici della Brigata partigiana: o per la modifica precipitosa, resa necessaria dalla notizia che i tedeschi sarebbero definitivamente partiti, del piano originario e l’anticipo dell’azione al 26 settembre invece che al 27 oppure per altri motivi. Sta di fatto che partecipano all’azione una ventina di partigiani comandati da “Dami”, Giovanni Leardini “Sandro” e Rino Bonalumi “Rino”. Mazzolà e altri si appostano sulle alture sopra Villa d’Almé.

La mattina del 26 settembre, ricevuto dal complice all’interno il segnale convenuto dalla partenza dei tedeschi, la formazione irrompe in Villa Masnada. Ma nulla del ricco bottino viene trovato, se non probabilmente qualche cassa di munizioni. Asportato il possibile la formazione si avvia a piedi verso i colli di Mozzo retrostanti la villa.
Nel frattempo, la sentinella, precedentemente immobilizzata, riesce a liberarsi e a dare l’allarme. Scatta la reazione: le provinciali da Mozzo a Villa d’Almé e da Bergamo a Villa d’Almé sono percorse da reparti nazifascisti che ricercano i partigiani.
Gli uomini della “Valmbrembo” fuggono, trascinando faticosamente le casse di munizioni, attraversano i colli di Mozzo fino alla sella di Madonna del Bosco. Da qui scollinano per la mulattiera (ora asfaltata) fino all’imbocco del risöl del pascolo. In questo punto avvistano in lontananza reparti tedeschi o fascisti sulla provinciale Mozzo-Villa d’Almé. Occultare le casse e nascondersi tra i campi di grano della piana di Valbrembo oppure cercare di allontanarsi dalla zona? Prevale la seconda opzione: la “Valb_MG_4965_96spirembo” costeggia alla base i colli tra Valbrembo e Petosino che terminano al santuario di Sombreno per poi salire su una altura nei pressi del Colle Roccolone. Dove i partigiani giungono verso mezzogiorno con l’intento di attendere la notte per disperdersi.
Ma i nazifascisti hanno iniziato il rastrellamento della zona: un reparto della 612° compagnia O.P. al comando di Resmini entra in contatto con i partigiani. Segue lo scontro a fuoco.
Nello scontro cadono cinque partigiani: Virgilio Bonadeni, Mario Capelli, Tranquillo Milesi, Giuseppe Signori e Luciano Tironi. Altri quattro (Carlo Mazzola, Giovanni Mazzola, Francesco Roncelli, Albino Locatelli) sono catturati mentre tentano di sfuggire l’accerchiamento. I primi tre sono fucilati immediatamente a Petosino. Albino Locatelli viene momentaneamente risparmiato: il fratello Giuseppe era segretario di Resmini (nonché spia dei partigiani9. Ma successivamente anche Albino viene ucciso: il corpo non sarà mai ritrovato. Infine, un abitante di Petosino, Giuseppe Piazzalunga, che aveva commentato con sdegno la fucilazione e l’esposizione dei cadaveri, viene ucciso il giorno seguente dai militi della G.N.R.

La memoria di Villa Masnada.
Già poche settimane dopo la Liberazione, il 24 maggio 1945, si tennero a Villa d’Almé in forma solenne i funerali dei caduti che i fascisti avevano impedito di svolgere in precedenza.
Nei pressi del luogo dello scontro a fuoco (nel comune di Bergamo) fu eretto nel 1946 un cippo che ricorda i caduti, completato con un monumento a tre archi inaugurato il 9 ottobre 1949. Una lapide ricorda i tre partigiani catturati e fucilati a Petosino. Ogni anno si svolge una cerimonia commemorativa.

 

Bibliografia e documenti
- A. Bendotti, G. Bertacchi, Il difficile cammino della giustizia e della libertà. L’esperienza azionista nella Resistenza bergamasca, Bergamo, Il filo d’Arianna, 1983.
- Istituto bergamasco per la storia del movimento di liberazione, Un’esperienza di vita. Don Antonio Milesi, prete partigiano, Bergamo, 1994.
- N. Mazzolà, Pietro aspetta il sole, Roma, Farri, 1967.
- Fondo Giulio Alonzi, fald. 8., b. a, fasc. 2, Archivio ISREC-Bg.
- Claudio Mastino (Riccardo Malipiero), Relazione al comando militare lombardo, 28 settembre 1944 in Fondo N. Mazzolà, fald. 1, b. d, fasc. 2, Archivio ISREC-Bg.
- Ottavio Perico, Appunti personali riguardanti la Resistenza, in Fondo O. Perico, fald. 1, b. b, fasc. 7, pp. 23-25, Archivio ISREC-Bg.
- Andrea Pioselli, La diserzione. I «mongoli» nella Resistenza bergamasca e la strage di Monte di Nese, Bergamo, Il filo d’Arianna, 2010.

 

Foto: Marco Ronzoni © 2015